giovedì 31 maggio 2007

Un'ingombrante eredità - 2

Quando leggo i filosofi o i teologi ho sempre la sensazione che parlino di un modello di essere umano, come dire, nato adulto, maturo, cosciente, critico, consapevole di sé e delle relazioni che ha con il mondo esterno, per diritto libero, per diritto indipendente, non un essere umano frutto di una crescita e di una maturazione, da individuo indifeso e passivo – una sorta di spugna, di tabula rasa di pochi centimetri – che assorbe schemi concettuali, codici, linguaggi, senza poter opporre resistenza.

È evidente che per i primi e fondamentali anni dell’esistenza di qualsiasi essere umano sono gli altri a essere responsabili del nostro modo di vedere il mondo. Da un certo punto di vista, noi non ne possiamo nulla.
Non sta a noi decidere che tipo di educazione riceveremo, e se i valori che ci verranno trasmessi saranno validi o meno. O se in realtà quelli che ci vengono presentati come valori e modelli non lo siano affatto. Nessun neonato o bambino – nessun essere umano – per un non breve e secondario periodo della sua vita possiede questa consapevolezza critica o capacità di giudizio. Prende quello che c’è, senza sapere cosa sia. E i comportamenti che ne conseguono non sono un’analisi critica dei modelli ricevuti, ma semplicemente la loro replica, la loro applicazione.

Diciamo che ciascuno di noi, dalla notte dei tempi, costruisce inconsapevolmente le basi di se stesso con mattoni di altri. Anzi, sono gli altri che gettano le fondamenta senza che noi si possa opporre resistenza. Toccherà poi a noi stabilire se continuare a costruire noi stessi su quelle stesse basi, se rafforzarle, modificarle o radere tutto al suolo e ripartire da capo.

2 commenti:

Giovanni Grasso ha detto...

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Anonimo ha detto...

ricominciare tutto da capo credo sia una delle cose più difficili.