venerdì 17 ottobre 2008

Esaù cede i diritti di primogenitura

(L'Antico Testamento apocrifo è un esercizio di riscrittura di alcuni dei capitoli del testo biblico. Per chi fosse interessato, si suggerisce la lettura parallela e il confronto con le scritture originali.)

Genesi, 25 : 29 - 34

In quel giorno, Esaù, figlio primogenito di Isacco, protetto del Signore, si era trattenuto nelle campagne più a lungo del solito. Era infatti la stagione del raccolto, ed Esaù, stremato dalla fatica, stava terminando di raccogliere i frutti della mietitura nel granaio. Dopo aver osservato compiaciuto il risultato dei propri sforzi, si risolse finalmente ad avviarsi verso casa.
Esaù giunse molto tardi alla propria dimora. Il sole si era rifugiato ormai da tempo dietro le montagne, e la volta del cielo, di un nero profondo, era ammantato da un'infinità di stelle.

Quando entrò in casa, Esaù assaporò con gioia il calore del focolare, e il profumo di minestra che suo fratello Giacobbe, secondogenito di suo padre Isacco, stava governando sul fuoco.
Esaù senti i muscoli del proprio corpo perdere calore e tensione, e si abbandonò esausto su una panca, accanto al camino.
Con la stanchezza sopraggiunse anche, prorompente, la fame; fu così Esaù si rivolse al fratello e gli disse:
'Giacobbe, fratello mio, la giornata nei campi è stata particolarmente dura, oggi. Sono sfinito! Ti prego, dammi da mangiare un po' di quella minestra.'
Giacobbe, che aveva trascorso la giornata a rincorrere le galline e a ruzzolare con i cani nell'ampio cortile davanti a casa, e si era nascosto per ore tra i cespugli, nei campi, a osservare il fratello maggiore che mieteva le messi, stava in quel momento colmando di minestra la propria ciotola. Senza volgere lo sguardo verso il fratello, e dopo un lungo silenzio, Giacobbe si decise a rispondere al primogenito, Esaù, stremato dagli sforzi e divorato dalla fame:
'Ti do la minestra, solo se mi cedi prima i diritti di primogenitura'.
Esaù, con la poca energia che gli era rimasta in corpo, alimentata dalla fame e dalla rabbia per l'offensiva risposta del fratello, esclamò:
'Va bene! Io sto per morire di fame! Che me ne faccio dei miei diritti di primogenito?'
Giacobbe a questo punto si voltò versò il fratello, e guardandolo dritto negli occhi, gridò:
'Giuramelo!'
Esaù bevve fino in fondo il calice dell'amarezza. Quindi, fissando le travi in legno del pavimento, si limitò a replicare, con un filo di voce:
'Te lo giuro'.
Soltanto allora Giacobbe si decise a concedere al fratello un mestolo scarso di minestra e un tozzo di pane raffermo. Nel silenzio più assoluto, Esaù mangiò e bevve. Poi si alzò da tavola e se ne andò.

Il Signore, che senza dare segni tangibili della propria presenza aveva assistito all'intera scena, guardò con favore il comportamento tenuto nella circostanza da Giacobbe, e disse fra sè:
'Giacobbe, figlio del mio prediletto Isacco, sta seguendo alla pari del padre la strada da me segnata. Lo terrò d'occhio, per poter valutare in altre circostanze la sua fedeltà ai miei principi. Se non tradirà le mie aspettative, sarà con lui che rinnoverò la promessa fatta a mio tempo a Noè e Abramo.'
Fu così che Dio iniziò a seguire con compiacimento e speranza la vita e le azioni del figlio secondogenito di Isacco, Giacobbe.

1 commento:

Anonimo ha detto...

BE"H

Che soddisfazione c'è a trasformare il bene in male e il male in bene? È come se io facessi un sito in lode a Jack lo squartatore e contro le sue vittime.

Da piccolo a scuola mi avevano insegnano che "filosofico" è l'amore del sapere, non inventare frottole per trasformare le cose in quello che non sono...
Boh, contenti voi...