mercoledì 11 aprile 2007

Il pensatore del XXI sec. - 5

Certo forse potrebbe essere di conforto un pensiero del genere: se è vero che partendo da un diverso contesto, un differente periodo storico, diverse culture e condizioni economiche sono arrivato – per fare solo un esempio - più o meno alle medesime conclusioni di Dostoevskij, allora forse si può ipotizzare che alcune verità (mi viene un brivido solo a nominare il termine) abbiano davvero carattere universale, che siano atemporali e indipendenti dai contesti. E se penso che buona parte della mia pseudofilosofia ha molti tratti in comune con il pensiero non solo di Dostoevskij ma di Socrate, Platone, Epitteto, Marco Aurelio, Cioran, Leopardi, Sun Pin, Qohelet, Merleau-Ponty, Nietzsche, della Bibbia e dei Vangeli (e chi ne ha più ne metta), beh, l’ipotesi che sembrino esistere delle linee di pensiero e di condotta eterne e trasversali a qualsivoglia filosofia, teologia o visione del mondo sembra assumere ancora più consistenza.
Si potrebbe così arrivare a ipotizzare che esistano non i pensatori ma le idee, e che queste idee esistano indipendentemente da chi le pensa.
Già. Ma la mia, come quella di Dostoevskij o di Leopardi, è solo una delle molteplici visioni del mondo. E così come la mia visione del mondo ha diversi punti di contatto con quella di altri, allo stesso modo la visione del mondo di un’altra persona potrebbe avere molti elementi in comune con altrettanti pensatori che hanno della realtà una visione completamente diversa e alternativa rispetto alla mia e a quella dei pensatori a cui faccio riferimento. E quest’altra persona, come faccio io, potrebbe ipotizzare di aver trovato quelle verità universali e atemporali di cui si parlava sopra. E allora come la mettiamo? Esistono due verità? O invece una delle due verità è più vera dell’altra? E ancora: come è possibile dimostrarlo, visto che la realtà mostra tutto e il contrario di tutto?

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